“Il simbolo aveva bisogno di espandersi nell’edificio. Allora l’architettura si sviluppò di pari passo con il pensiero umano; diventò un gigante con mille teste e mille braccia e fissò in una forma eterna, visibile, palpabile, tutto quel simbolismo fluttuante.“ (Victor Hugo, Notre –Dame de Paris, 1831)
Nicola Montalbini (Ravenna, 1986) dipinge città. Una dieci cento tele disegni acquerelli incisioni: tutte lo stesso soggetto, mai nessuna uguale.
Sono luoghi della mente, un prodotto squisitamente intellettuale, dove i ponti tra le architetture,
sono memoria di Dostoevskij, passaggi in cui solitamente i personaggi del grande russo crollano e si liberano dagli schemi-gabbia che hanno sostituito le loro (e le nostre) identità.
Come i colori: gliene interessano solo alcuni: gli azzurri e i verdi attenuati, i bianchi (nella serie legata alla scomparsa del suo maestro Riccardo Camoni, col rarefarsi nel nulla dei soggetti), l’ocra e il rosso del mattone, leitmotiv di molti dei suoi corpi-edifici, e il nero dei lavori più recenti, che pare annegare l’intero campo pittorico in un cielo di pece, iperbolicamente sbuffante dalle ciminiere dello skyline, sorta di rivisitazione in nero di certe vedute inglesi, dai fumi di William Henry Crome ai vapori del grande Turner.
Dice il nostro che “l’arte per Kant era un gioco serio ed è filosofia nel senso di essere una forma di conoscenza che induce a porti domande, ma deve farlo senza distruggere: l’arte, in definitiva, è creazione.”
Contatti: nicolamontalbini@libero.it
Ma lo sai che i lavori di questo Montalbini sono anche molto… fotogenici!!