Manifesto della mostra su Amico Aspertini (1474-1552), col particolare di San Giorgio dalla tavola della Madonna col Bambino e Santi presso il Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca
Amico Aspertini (Bologna, 1474-1552): spirito libero ed estroso nella Bologna di inizio ‘500, dove un paio di anni fa gli è stata dedicata un’antologica assai valida, curata da Andrea Emiliani e Daniela Scaglietti Kelescian presso la Pinacoteca Nazionale (catalogo Silvana Editoriale, Milano, 2008), evento in linea con le Biennali d’arte antica inaugurate in città nel 1954 da Cesare Gnudi, con una monografica su Guido Reni.
Amico Aspertini, Adorazione dei magi, Pinacoteca Nazionale, Bologna
Dell’Aspertini e di altri protagonisti d’arte a lui coevi, la cui riscoperta in sede critica comincia con Roberto Longhi (anni ’30 del secolo scorso), venivano esposte oltre un centinaio di opere tra dipinti, disegni (spesso contenuti in quaderni preziosi detti vacchette), miniature, stampe d’epoca, ceramiche: dunque era presente quasi l’intero corpus dell’artista, fatta eccezione per le sculture (facciata di San Petronio), i cicli di affreschi superstiti (in Santa Cecilia e San Giacomo a Bologna, presso le Rocche di Gradara e Isolani di Minerbio e nella chiesa di San Frediano a Lucca) e poco altro.
Amico Aspertini, Seppellimento dei Santi Valeriano e Tiburzio, Oratorio di Santa Cecilia, Bologna
Il confronto fra la mano aspertiniana e le cose dei suoi maggiori o minori contemporanei chiariva il clima artistico in cui l’artista crebbe, si formò o contro cui polemizzò e che fu per lui fonte di ispirazione, citazione, esercizio o, appunto, contrapposizione, per affermare uno stile ed una personalità inconfondibilmente proprie, in aggiornamento costante e spesso in contrasto rispetto alle novità dell’epoca (da Raffaello a Michelangelo, ai maggiori umbro-toscani e veneti, sino ai tedeschi più importanti), grazie anche a spostamenti continui fra Bologna, Roma, Venezia, Firenze, Lucca e Mantova.
Amico Aspertini, Madonna col Bambino e Santi (Pala del Tirocinio), Pinacoteca Nazionale, Bologna
Amico Aspertini, Scene della vita di San Petronio, anta d'organo, Basilica di San Petronio, Bologna
Animo inquieto dunque, bizzarro e anticonvenzionale, come già annotarono con giudizi e aneddoti vari (Aspertini, ad esempio, era ambidestro) intellettuali coevi, dall’amico Achillini al più livoroso Vasari, sino alla Felsina Pittrice del 1678 del Malvasia.
E furono proprio queste peculiarità, mai disgiunte dal valore artistico, a farne uno degli artisti più richiesti e apprezzati, specie dall’alta società bolognese del tempo, sebbene delle decorazioni profane di numerose facciate nobiliari non resti ormai nulla, come dell’arco trionfale, in collaborazione con Alfonso Lombardi, realizzato nel 1530, in occasione dell’incoronazione di Carlo V a Bologna da parte di papa Clemente VII.
Dato per acquisito l’apprendistato nella bottega del padre Giovanni Antonio e del fratello maggiore Guido, l’esposizione andava dai primi e formativi incontri romani (1496), ancora al seguito del padre, ma, in specie, a contatto con Filippino Lippi e Pinturicchio, al classicismo antagonista di Perugino, Raffaello e Fra’ Bartolomeo, come del Costa e del Francia (nel quale pure sono presenti valori luministici fiamminghi) nella Bologna di Giovanni II Bentivoglio, dalle complessità intellettuali e fiorentine di Piero di Cosimo, alle inquietudini religiose del “lombardo-veneto” Lotto, alla consonanza di linguaggio espressionista coi nordici, Dürer anzitutto, oltre a Schongauer, Kulmbach, Luca di Leida, Cranach, Grünewald, Bosch (questi ultimi tre non presenti in mostra), singolarità di vedute condotte però dall’Aspertini al parossismo e che, insieme alle stravaganze ferraresi del Dosso e del primo tempo di Mazzolino, andranno ad alimentare tanti particolari in pittori locali come Francesco Zaganelli, il primo preraffaellesco Bagnacavallo o Filippo da Verona.
Amico Aspertini, Ritratto di Alessandro Achillini (inedito non presente in mostra), Galleria degli Uffizi, Firenze
Del resto, le stranezze sono comuni anche in certa ritrattistica coeva, fenomenale nel Romanino o nella maniera già moderna del Parmigianino, sebbene nelle eleganze di quest’ultimo, come nota Eugenio Riccomini nel saggio in catalogo Antiraphael, permanga ricerca del bello, all’opposto degli esiti paralleli dell’Aspertini, come nelle tavole per le ante dell’organo di San Petronio (1531), “irridente vessillo del brutto”, linguisticamente antibembeschi, quanto Raffaello e i raffaelleschi furono classicamente e politamente bembeschi.
Amico Aspertini, Pietà coi Santi Marco, Ambrogio, Giovanni Evangelista e Antonio Abate, Basilica di San Petronio, Bologna
E a proposito di San Petronio, molti volti dell’artista, talvolta di profilo, talaltra di scorcio, hanno volutamente un che di caricaturale, a metà fra certi esperimenti fisiognomici leonardeschi e, quasi, alcune intuizioni grafiche ante litteram del fumettista Jacovitti, come la Madonna della Pietà (1519) sempre nella basilica bolognese o a Lucca, nelle bizze affrescate in San Frediano (1508-09).
Dunque la mostra ha precisato una volta di più quanto fosse variegato il panorama anche emiliano degli “eccentrici irregolari” nei primi decenni del XVI secolo, periodo percorso da una follia anticlassicista e padana che, secondo la lezione di Arcangeli, ha radici antiche, da Wiligelmo ai giorni nostri, passando per Vitale, “l’officina ferrarese”, l’Aspertini appunto, sino all’isolamento biografico voluto da Morandi, o, su vie opposte e parallele, si pensi alle allucinazioni cromatiche di un Ligabue o dell’ultimo Moreni, o, ancora, all’estro di Ontani, mentre in ambito letterario agli esordi di Ermanno Cavazzoni, già cosceneggiatore felliniano e, nel cinema proprio al senso del grottesco e al fool felliniani, al dramma patetico nei “matti assassini” di Avati o all’alienazione mentale dei Deserti del ferrarese Antonioni come del bolognese Zurlini.
Amico Aspertini, Trasporto del Volto Santo, Chiesa di San Frediano, Lucca
Read Full Post »