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Archive for marzo 2018

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Baue I, 1907, New York, Neue Galerie

“Coloro che non sono innamorati della bellezza, della giustizia e della sapienza sono incapaci di pensiero.” Hannah Arendt, La vita della mente

Premessa: protagonisti della scena seguente tratta da Stolen Beauty (2017) di Laurie Lico Albanese sono Adele Bloch-Bauer e Gustav Klimt, intento a dipingere il celebre Bacio. Il romanzo si articola in capitoli in cui vengono narrate in prima persona le storie parallele di Adele sullo sfondo decadente e meraviglioso della Vienna di inizio ‘900 e di sua nipote Maria Altmann, dalla fuga dall’Austria hitleriana sino alla restituzione in tarda età (nel 2006, a 90 anni!) di alcuni capolavori rubati alla sua famiglia dai nazisti verso la fine degli anni ’30 del secolo scorso. Da questa vicenda è stato tratto il bel film Woman in Gold (2015) con protagonista Helen Mirren, ispirato però al precedente libro di Anne-Marie O’Connor The Lady in Gold (2012).

Trattando di arte, giustizia e bellezza, ho pensato fosse la pagina giusta per festeggiare l’ottavo compleanno di questo blog, aperto il 21 marzo del 2010. Ringrazio le migliaia di lettori che in tutto questo tempo hanno voluto fermarsi e dedicarmi qualche attimo del loro cammino.

Gustav Klimt, Il bacio, 1907-08, Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

“Lavorava lentamente, con un becco di Bunsen e un vasetto di colla. Passava prima la colla su un pezzetto di tela, poi scioglieva l’oro con la fiamma. Quando aveva raggiunto la giusta fluidità applicava la pittura d’oro con un pennellino piatto. I corpi dell’uomo e della donna venivano avvolti assieme da un unico involucro d’oro: tra loro nemmeno una linea, soltanto i simboli che si fondevano e le vesti che fluttuando si mescolavano in una sola.

-Una volta mi hai chiesto come volevo essere considerata da Vienna, – dissi io. – Ecco quello che voglio – questa magnificenza e ricchezza. Questo genere di complessità: l’infinito fondermi nella città.

– Ed è esattamente quello che intendo donarti, – disse lui.

Quello che c’era tra noi non era affatto semplice, come il puro desiderio o l’attrazione sessuale. Era una brama di bellezza e di significato, la voglia di ricercare nel mondo e in noi stessi. Avevamo il senso della permanenza e la paura dell’oblio. Sapevamo, naturalmente, che tutto è transitorio e niente dura – ma questo non ci impediva di anelare a qualcosa di eternamente bello.”

Laurie Lico Albanese, La bellezza rubata, Torino 2018, p.221.

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Premessa: talvolta l’impulso di tradurre è irresistibile quanto imprevisto. Come nel caso di questi versi della Bishop. E tradurre (dal latino traducĕre, portare oltre)  per me significa anche tradire (dal latino tradĕre, consegnare), ovvero non attenersi legnosamente alla lettera e alla metrica di un’altra lingua, ma condurre il significato di quelle parole oltre, consegnandole al senso-suono della propria cultura, del proprio mondo.

Dedico questa traduzione a Mario Raciti, pittore di verità, alla sua arte che è poesia di presenza e assenza senza fine. Con l’occasione segnalo anche l’ultima sua bellissima personale Il senso dell’oltre, presso l’ottima Galleria L’Incontro a Chiari (BS), appena inaugurata e aperta sino al 21 aprile 2018.

 

Mario Raciti, Mitologia, 1989, courtesy Galleria L’Incontro, Chiari (BS)

 

One Art by Elisabeth Bishop

 

The art of losing isn’t hard to master;

so many things seem filled with the intent

to be lost that their loss is no disaster.

 

Lose something every day. Accept the fluster

of lost door keys, the hour badly spent.

The art of losing isn’t hard to master.

 

Then practice losing farther, losing faster:

places, and names, and where it was you meant

to travel. None of these will bring disaster.

 

I lost my mother’s watch. And look! my last, or

next-to-last, of three loved houses went.

The art of losing isn’t hard to master.

 

I lost two cities, lovely ones. And, vaster,

some realms I owned, two rivers, a continent.

I miss them, but it wasn’t a disaster.

 

—Even losing you (the joking voice, a gesture

I love) I shan’t have lied. It’s evident

the art of losing’s not too hard to master

though it may look like (Write it!) like disaster.

 

Elisabeth Bishop (1911-1979), One Art, from The Complete Poems 1927-1979 (Farrar, Straus and Giroux, 1979-1983).

 

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Un’arte di Elisabeth Bishop

 

L’arte di perdere non è difficile da imparare;

così tante cose sembrano compiersi con la voglia

di andare perdute, ma questo loro perdersi non è un disastro.

 

Perdi ogni giorno qualcosa. Accetta l’ansia

per le chiavi della (tua) porta perdute, per l’ora inutilmente sprecata.

L’arte di perdere non è difficile da apprendere.

 

Esercitati a perdere di più e più velocemente:

luoghi e nomi e la meta che pensavi

di raggiungere. Niente di tutto questo sarà un disastro.

 

Ho perduto l’orologio di mia madre. E guarda! Se n’è andata

anche l’ultima, o prossima a esserlo, delle mie tre amate case.

L’arte di perdere non è difficile da imparare.

 

Ho perso due città e belle. E, più vasti,

furono miei alcuni regni, due fiumi, un continente.

Mi mancano, ma perderli non fu un disastro.

 

Anche perdere te (la voce scherzosa, il gesto

che amo) non mi farà cambiare idea. È evidente

l’arte di perdere non è poi difficile da apprendere

ma somiglia (scrivilo!) a un vero disastro.

 

Elisabeth Bishop (1911-1979), Un’arte, traduzione di Luca Maggio.

 

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