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Archive for aprile 2020

C. M. Maggi, Capelli rossi, 1935, olio su tela, 80 x 50 cm

Gli spazi espositivi di Villa Borromeo d’Adda ad Arcore (MB) avrebbero dovuto ospitare una nuova importante mostra: Carla Maria Maggi. L’artista ritrovata, un’esposizione dedicata alla straordinaria figura di questa pittrice, attiva negli anni Trenta del ‘900, dalla struggente e profondamente simbolica storia personale.

C. M. Maggi, Fiori viola, 1940, olio su, tela 80 x 60 cm

Carla Maria Maggi (1913-2004) ha dipinto solo pochissimi anni prima di decidere di abbandonare la strada dell’arte per seguire le regole sociali del tempo, che in generale non ammettevano che una donna borghese potesse fare l’artista. Interrotta la sua carriera di pittrice, e dopo un lungo periodo di oblio, le sue opere vennero riscoperte per caso dal figlio, che le trovò nascoste sotto una spessa coltre di coperte nel solaio della casa di campagna. Da quel momento è iniziato il processo di riscoperta della figura artistica della Maggi, culminato nella grande mostra organizzata a Palazzo Reale di Milano alcuni anni fa, curata dalla storica dell’arte Elena Pontiggia.

C. M. Maggi, La prova, 1936, olio su tela, 100×75 cm

La produzione di Carla Maria Maggi è composta da una quarantina di dipinti, tutti di altissimo livello, che comprendono ritratti, nature morte e nudi femminili ritratti dal vero. Pittrice di grande talento, nella sua opera Maggi ha rappresentato magistralmente la società che frequentava: da una parte il bel mondo dell’alta borghesia milanese, dall’altra gli ambienti più bohemiens di Brera e della Scala.

C. M. Maggi, La sigaretta, 1934, olio su tela, 80 x 59 cm

A dodici anni dalla mostra a Palazzo Reale di Milano, le sue opere sarebbero dovute tornare a essere esposte pubblicamente, in un evento d’eccezione curato da Simona Bartolena. La mostra, rinviata a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19, era stata realizzata con la collaborazione degli eredi dell’artista, e prevedeva l’esposizione del corpus pressoché completo dei dipinti della pittrice, a cui si sarebbero aggiunte le carte a matite e pastello.

Sara Zolla press

Carla Maria Maggi. L’artista ritrovata

A cura di Simona Bartolena

Villa Borromeo d’Adda

Largo Vincenzo Vela 1 Arcore, MB

8 marzo-3 maggio 2020 (mostra rinviata)

Aspettando Carla Maria Maggi: visite virtuali

C. M. Maggi, Nello studio, 1938, olio su tela, 35 x 55 cm

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La mostra personale di Sissi, Vestimenti è in programma dal 21 gennaio al 19 aprile 2020 presso Spazio Bentivoglio, a cura di Antonio Grulli,  uno dei Main Project di ART CITY BOLOGNA 2020.

L’esposizione, intesa quasi come una piccola antologica, permetterà ai visitatori di approfondire alcune dei temi centrali della produzione dell’artista,  e  raccoglierà un’ampia selezione di sculture-abito da lei realizzate in circa vent’anni di carriera.  Buona parte della produzione di Sissi, infatti, negli anni si è concentrata sulla realizzazione di abiti,  talvolta indossabili, che ha sempre inteso e presentato come vere e proprie sculture, anche all’interno di ampie installazioni o di performance.

Le sculture-abito verranno presentate in un grande progetto installativo pensato appositamente per lo spazio espositivo bolognese. 

La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione bilingue (italiano-inglese) edita da Corraini Edizioni,  con testi di Mariuccia Casadio (critica d’arte, curatrice e giornalista), Antonio Grulli (curatore della mostra), e un dialogo di Sissi con l’artista Christian Holstad . 

Press Sara Zolla

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Italo Rondinella, Shipwreck Crime

Sabato 7 marzo con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e di UNICEF Italia si sarebbe dovuta aprire a Venezia Shipwreck Crime, mostra personale del fotografo  Italo Rondinella, ospitata  all’interno  degli antichi  Magazzini del Sale  messi a disposizione dalla Reale Società Canottieri Bucintoro 1882. L’evento è stato rinviato a data da definirsi per l’emergenza sanitaria legata al Covid-19, ma il messaggio profondamente umano di queste immagini resta di stringente attualità e merita comunque spazio e attenzione.

Italo Rondinella, Shipwreck Crime
Italo Rondinella, Shipwreck Crime, costa turca dell’Egeo settentrionale, 2017

La mostra consta di una serie di oggetti personali appartenuti alle centinaia di persone che, nella speranza di raggiungere il territorio europeo, hanno tentato di attraversare il breve tratto di mare che separa la costa turca dall’isola greca di Lesbo. In quel tratto di litorale, fra Babakale e Ayvalık, si alternano a singhiozzo spiagge frequentate da vacanzieri ad altri tratti vuoti, dove sono stati trovati gli oggetti dei naufraghi.

Italo Rondinella, Shipwreck Crime
Italo Rondinella, Shipwreck Crime, costa turca dell’Egeo settentrionale, 2017

Queste “cose” – abiti, scarpe, biberon, salvagente e molto altro – sono stati fotografati dall’autore così come rinvenuti sulla riva e successivamente raccolti per formare parte, insieme alle immagini, di questa mostra che ha lo scopo di restituire dignità alle storie anonime di coloro a cui sono appartenuti, molti dei quali non ce l’hanno fatta. 

Press Irene Guzman

Italo Rondinella, Shipwreck Crime

SHIPWRECK CRIME
Mostra personale di Italo Rondinella

A cura di Anna Lucia Colleo con il contributo di Elisa Muliere

7 marzo – 15 aprile 2020 (rinviata a data da definirsi)

Magazzini del Sale / magazzino 5

Dorsoduro 262, Venezia

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Alberto Arbasino (1930 – 2020)

Premessa. L’unica data che ogni anno costantemente tengo a celebrare su questo blog sin da quando è stato aperto nel 2010 è appunto il primo aprile. Quest’anno lo ricordo con alcune pagine di Alberto Arbasino (1930 -2020), occasione anche per rileggere questo lucidissimo maestro di stile recentemente scomparso.

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“E la mondanità, cosa significava nella Milano dei tempi migliori? Informazioni internazionali, battute dialettali, gusto per il teatro e per l’editoria e per la musica, presa in giro dei pomposi e dei coglioni: c’è già tutto, del resto, nel Giorno dell’abate Parini, e in quelle sue descrizioni di ricevimenti (e di coglioni) che sono il vero antecedente di tutti i «lati deboli» milanesi. (Come in Carlo Dossi, del resto).
Il Conte Greppi che nelle pagine di Addio alle armi insegna a Hemingway e ai colleghi il cocktail-champagne al Grand Hotel di Stresa. E ridacchia sulla barzelletta del nuovo farmacista che
deve fare il turno di notte, e gli si presenta una bellona tutta nuda sotto la pelliccia che fremendo chiede un calmante, e lui le vende un collirio… Ma mentre si veste per pranzo, s’affaccia un
domestico, ha una brutta notizia… «Te mel diré duman». «Ma l’è mort el sú fradell!». «E te l’avevi ditt de dimel duman!». Poi alle esequie dell’amata consorte in San Babila, tra il conforto
degli amici del Clubino: «E inscì, anca incoeu, fra una robba e l’altra, emm fatt l’ura del risott».
Com’erano perplesse, la Camilla e sua sorella Luisa, quando le si trovarono più spiritose della vecchia mamma, la venerata Ersilia.”

Alberto Arbasino, Camilla Cederna in Ritratti italiani, Milano 2015, p.153.

“… La vecchia gentildonna che dà una volta all’anno una festa tutta di nobili e d’artisti: in un villinetto costruito nel 1912, però decorato come il Bargello, ma tutto piccino: corridoietti dove si passa uno per volta, armaturine, savonaroline, ferrini battuti alla Sem Benelli. E lì, fra dolcini rinseccoliti e grammofono a tromba, contesse, poetesse, discendenti di remoti anglo-beceri che
abitano dietro la stazione, tenori di novant’anni che cantano la romanza, e tutti: «meglio di Gigli! meglio di Gigli!». E due soprano antiche rivali facevano la Traviata a Pescia e la Manon a Monsummano: ma una delle due s’è sposata a Prato, è ricca, e mostra ogni volta le perle per indispettire l’altra che fa la maestra di canto; e tutte le volte la pianista pettinata corta ripete la sua battuta audace…
Pare un racconto di Palazzeschi!

… E il signor marchese che non dorme con la marchesa al piano nobile ma con l’autista al mezzanino; e si dicono delle cosine per tutta la notte. E si picchiano, magari, anche. Ma dopo
l’ultimo bacino all’alba l’autista se ne va, torna bussando con la colazione, e lo chiama «signor marchese» e non con i nomini per tutta la giornata…
Anche questo pare un racconto di Palazzeschi!
E – si domanda – quando sono successe queste delizie? Oggi, rispondono: continuano a succedere.

La deduzione più ragionevole: allora è la Realtà che imita Palazzeschi!

Ma in realtà, la ‘felicità’ di Palazzeschi consiste in un’estrema eleganza di rapporti fra la Letteratura e la Vita: un’organizzazione letteraria di straordinaria finezza risolta in una straordinaria (apparentemente) semplicità. Non so se altri abbia già osservato come sono ‘organizzate’ le sue storie: esattamente come l’apertura del Bouvard e Pécuchet, l’entrata-presentazione di due compari fintamente gaglioffi su una scena vuota e pronta per una clowneria che pare disposta a esaurirsi in due battute, e porta invece incredibilmente lontano.”

Alberto Arbasino, Aldo Palazzeschi in Ritratti italiani, Milano 2015, pp.357-358.

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