(…) Conviene tener presente tale singolarità, ovvero che egli osservava la moglie come fosse un frutto sulla tovaglia. Per lui i contorni, le linee della moglie possedevano l’identica estrema semplicità, e dunque ancora la complicatezza, che nelle sue opere avrebbero avuto i fiori, i bicchieri, i piatti, i coltelli, le forchette, le tovaglie, la frutta, le tazze e i bricchi del caffè. Un pane di burro era per lui significativo quanto il delicato risalto che scorgeva nel vestito della moglie. (…)
Materializzava i fiori in ogni loro dondolio di pianta, al punto che sulla carta tremolavano, esultavano, sorridevano; a stargli a cuore era la carnalità dei fiori, lo spirito del mistero insito in quel che è indecifrato nelle nature affatto particolari.
Sotto i suoi occhi intercorreva un unico connubio fra le cose, e se davvero crediamo di poter parlare, per lui, di musicalità, ebbene essa nasceva dalla ricchezza del suo sguardo, e dal tentativo di ottenere, guadagnare il consenso di ogni oggetto, schiudendovi l’animo, tanto più che egli poneva le cose grandi e quelle piccole in un unico grande “tempio”.
Robert Walser (1878-1956), Cézanniana, in Ritratti di pittori, Adelphi, Milano 2011, pp.81-82.