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Archive for ottobre 2022

L’esposizione “Fotografare – Foto da fare”, curata da Luca Maggio e aperta dal 28 al 30 ottobre 2022 presso la Pallavicini22 Art Gallery, segna l’inizio del progetto dedicato alle scuole da parte di CARP Associazione di Promozione Sociale della stessa galleria, in questo caso con i lavori fotografici della classe 5M Turismo dell’Istituto Tecnico Economico “G. Ginanni” di Ravenna.

Eleonora Salvotti, Aria

La mostra presenta una selezione di fotografie scattate dalle studentesse e dagli studenti all’interno di un elenco di soggetti mutuato da Ettore Sottsass, culmine di un intero anno scolastico dedicato ad avvicinarsi al linguaggio fotografico per cercare di “porre sulla stessa linea di mira”, come voleva Cartier-Bresson, “la mente, gli occhi e il cuore”.

Arthur Markiv, Muro o roccia

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Carlo Zauli, Flessuosità. Metamorfosi di un primato, 1975

In occasione del suo Ventennale – partito a maggio scorso con il programma di eventi 20MCZ – il Museo Carlo Zauli approda a Bologna con la mostra Mutaforma. Mutazioni ceramiche del codice CZ, a cura del Collettivo NN, dal 24 settembre al 30 ottobre negli spazi dell’Associazione Alchemilla. 

David Casini, Senza titolo, 2005
Italo Zuffi, Volume consapevole, 2006
Jonathan Monk, Claymation (Black), 2015

L’esposizione riflette sulla componente ereditaria del grande ceramista scultore e su come essa, nel corso dei vent’anni di residenze presso il Museo Carlo Zauli (fondato a Faenza nel 2002 pochi mesi dopo la sua scomparsa), sia stata assorbita e rielaborata da artiste e artisti che hanno abitato gli spazi del museo, considerato internazionalmente un centro nevralgico per la ceramica contemporanea: tra questi, Salvatore Arancio, Pierpaolo Campanini, David Casini, T-Yong Chung, Giulia Dal Monte & Isabela Benavides, Alberto Garutti, Eva Marisaldi, Mathieu Mercier, Jonathan Monk, Ornaghi&Prestinari, Italo Zuffi, Sisley Xhafa, Shafei Xia, tutti presenti in mostra.

Ornaghi Prestinari, Prove di Volo, 2017
T-yong Chung, Senza Titolo, 2010

Mutaforma. Mutazioni ceramiche del codice CZ

A cura di Collettivo NN

Sede: Alchemilla | Palazzo Vizzani, via Santo Stefano 43, Bologna
Date: 23 settembre – 30 ottobre 2022

Press: Irene Guzman

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La mostra sull’opera di Giovanna Galli, da me curata e aperta dall’8 al 20 ottobre 2022 (in concomitanza con la Biennale Mosaico di Ravenna), segna il settimo appuntamento degli otto previsti che la Pallavicini22 Art Gallery di Ravenna da circa un anno e mezzo dedica ai grandi protagonisti del mosaico contemporaneo di matrice ravennate. Di seguito il mio testo in catalogo.

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Giovanna Galli. Paesaggi dell’anima

di Luca Maggio

“Come luccicavano le rocce alla rugiada/ come fioriva la pietra sui monti!” Lea Golberg

In quelli che Giovanna Galli stessa intitola “paesaggi dell’anima” tutto si presenta sfumato e carico di dissolvenze. Questa artista parte da elementi naturali sin dai titoli che chiamano in causa cieli, terre, acque, le stagioni o il verde della clorofilla, per poi condurre la nostra attenzione dal dato esteriore a vie introspettive: ciò che si mostra davanti ai nostri occhi è l’aver colto la natura in attimi di passaggio – disgelo, albe, tramonti – una sorta di fotografia, per quanto possibile, di ciò che compone le architetture sfuggenti e le atmosfere in continuo mutamento dietro a esse: sono vedute che inscenano tratti della sua-nostra coscienza. Ho sempre ritenuto che Leonardo usasse il suo sfumato per parlarci della natura del tempo. Ecco, la Galli con le pietre durevoli del mosaico ha tentato l’utopia: cogliere e far durare il divenire – impossibile da fissare – della mente delle cose, inclusa quella umana. È il mistero stesso dell’universo, della vita, qualcosa che dietro c’è anche se non appare (un dio trascendente o una possibile intelligenza immanente e naturale. Del resto, stando all’archeologia dei templi di Göbekli Tepe, pare che l’esigenza spirituale dell’uomo preceda di migliaia di anni la cosiddetta “invenzione” dell’agricoltura). Ebbene, queste sue tessere mi ricordano il finale struggente di “Entronauti”, il libro-ricerca del 1969 sulla spiritualità occidentale-orientale dell’italo-svizzero Piero Scanziani: “Si nasce e si muore nel medesimo punto dell’eternità. Alzo lo sguardo verso una stella. Forse anch’essa è morta, da milioni di anni. Ma la sua luce no, cammina eternamente nello spazio e il nostro occhio l’incontra, viva. La stella non è morta e nulla muore: ciò che muore, cade nella vita.” Mi pongo di fronte agli “Enigmi” di questa donna e provo a leggere in essi i miei stessi e mi accorgo che tutto è incerto, precario, sottile, dunque coerentemente messo a nudo per tentativi, come la verità che mai si può dare per intero o rivelare del tutto. La fragilità per Giovanna è un valore. Si può tremare davanti a tanta instabilità oppure lasciarsi andare, accogliere la sua impermanenza, fatta di allusioni e mai di toni assertivi: accennare, suggerire, provare a indicare tracce verso un altrove, mai stabilire fermamente schemi indiscutibili. L’abisso e noi, diceva Nietzsche: è un reciproco guardarsi. Può spaventare se ci si blocca all’oscurità che questo termine evoca, eppure l’opera omonima della Galli invita a quella che Chandra Candiani in “Questo immenso non sapere” chiama la pratica della meraviglia: “Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura.” E in pochi centimetri si passa dai neri-verdi cupi in basso a sinistra, al bianco più candente in alto a destra. Il verde per la Galli non è solo un colore (come quello per altro amato dei sassi di Corsica), ma l’anima della natura che riconduce – benché seguendo linee apparentemente agitate e un succedersi alla Turner di passaggi cromatici e fusioni atmosferiche in cui i colori si compenetrano – a un’armonia concreta. A tal proposito, proprio le ricerche di neurobiologia vegetale più avanzate hanno dimostrato come i nostri insostituibili amici alberi producano molecole volatili utili non solo per loro ma anche per tutto ciò che vivente passa loro accanto: i loro fitoncidi che limitano lo sviluppo di funghi e batteri nocivi, aiutano la produzione dei nostri linfociti, mentre gli ioni negativi emessi dalle piante in primavera e estate riducono la serotonina, che in noi causa ansia, stress e depressione (si veda “Être un chêne. Sous l’écorce de Quercus” di Laurent Tillon).

Infine, un’ultima e non meno importante osservazione che si può trarre dal sostare del nostro sguardo dinanzi a queste delicate e precarie evocazioni musive: in ognuna di esse c’è una costante inizialmente inafferrabile, come è nello spirito di queste opere. Si avverte eppure non si vede, ma essa stessa rende tutto questo visibile e possibile: è la luce. Non c’è un millimetro quadrato della Galli che non dialoghi intrinsecamente con la luce che cade su tutto e la cui doppia natura subatomica di corpuscolo e onda è parte integrante degli andamenti dei suoi fotoni-tessera: non a caso molte sue linee sono curve e in questo richiamano anche archetipi femminili e vitali, che dall’età primordiale giungono all’uovo pierfrancescano sino al disegno elicoidale del DNA contemporaneo, non certo un tronco rigido. La luce è la vita ed è ciò che fa riconoscere al mondo sé stesso attraverso i movimenti e le mutazioni di flusso della propria anima, come nel capolavoro di Mahler “Das Lied von der Erde”, in particolare nel congedo della sesta e ultima parte attraverso le rispondenze segrete tra i fiati, la voce del contralto e i grappoli di note luminescenti e appena percepibili dell’arpa. Come per la Galli, tutto è sospeso, estatico, “sta per”: altissimo, come una sinfonia infinita.

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Il paesaggio dolomitico visto da Baita Lerosa (Cortina); ph. Matteo Schiavoni

Dopo il successo delle prime due edizioni, quest’estate la rassegna Sentieri d’arte, a cura di Fulvio Chimento e Carlotta Minarelli, torna sulle Dolomiti Ampezzane dal 23 luglio al 3 novembre 2022 con la mostraI giardini di Artemide, allestitasul sentiero di Pian de ra Spines con opere site-specific di Margherita Morgantin e Italo Zuffi che si aggiungono a quelle realizzate in primavera daT-yong Chung.

Italo Zuffi, Una specie di illusione, 2022; ph. Matteo Schiavoni
Margherita Morgantin, Arawa Aramis Anaramis Akawa, 2022; ph. Matteo Schiavoni

 I Giardini di Artemide vuole stimolare un esercizio percettivo del rapporto tra uomo e natura ispirato al sentire del mondo greco, trasformando idealmente una porzione del territorio dolomitico nel Regno di Artemide e marcando questa presenza attraverso gli interventi degli artisti coinvolti.

La mostra ha ottenuto il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo.

Irene Guzman press

T-yong Chung, Traccia (Cortina d’Ampezzo), 2022; ph. Matteo Schiavoni

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