Ugo La Pietra design, Cat and Mouse (specchio console), realizzato da Mosaic Line, Spilimbergo, 1997
Vista la sua storia, potrebbe chiarire in una battuta che differenza c’è, se c’è, tra arte, design e produzione che ne consegue?
La differenza tra l’arte e l’arte applicata (design) è facilmente definibile: chi fa del design è un artista che finalizza il proprio lavoro pensando anche alle necessità dell’individuo o del gruppo sociale a cui si rivolge, mentre l’artista non sente questa necessità.
L’arte è anche arredo, nel senso di medium ambientale del rapporto tra uomo e suo circostante?
L’arte ha sempre avuto anche la finalità di arricchire di significato lo spazio abitativo (sia lo spazio domestico che lo spazio collettivo)
Veniamo al mosaico: nel catalogo della collettiva ravennate del ’97, Oggetti del desiderio: mosaico e design, a pag.133-34, si può leggere un suo intervento: “La riscoperta del mosaico, un modo di creare che sta tra arte e tecnica decorativa. (…) Oggi, i migliori interpreti di questa antica arte sembrano essere alcuni artisti-designer o designer-artisti che operano con progetti che ripropongono questa tecnica nelle nostre case, nelle piazze, nei grandi spazi collettivi. …”
Vorrei sapere, qual è la sua posizione rispetto alla sua esperienza (anche come fondatore della rivista Artigianato tra arte e design) riguardo al mosaico e se nel corso dell’ultimo decennio è mutata.
Nell’ultimo decennio il mosaico è stato ampiamente utilizzato soprattutto come mosaico industriale all’interno di spazi domestici e molto più raramente si può parlare di mosaico artistico-artigianale.
Anche se le mostre e collezioni che ho sviluppato negli anni Ottanta e Novanta hanno fatto capire la possibilità di utilizzo del mosaico artistico nella definizione di oggetti domestici (portavasi, servomuti, specchi, consolle, tavoli, tavolini, ecc), ancora molto rare sono questo tipo di opere proposte dal mercato di oggetti di artigianato artistico.
In particolare, a parte esecuzioni su progetto proprio o di altri designer per arredi pubblici e privati, crede che il mosaico possa avere una sua autonomia artistica, come in parte già suggerito nella prima sezione della mostra sopra citata?
Da sempre, qualsiasi tecnica utilizzabile per realizzare un oggetto artistico, può sviluppare una propria autonomia espressiva (nel caso in cui sia realizzata esclusivamente con una tecnica: ceramica, vetro, legno, tessuto, mosaico, …) o può partecipare con altri mezzi e tecniche alla realizzazione dell’opera.
In questo senso va inteso il mosaico, solo così può rappresentare una tecnica espressiva aperta all’evoluzione del gusto della società e alle diverse scale di realizzazione, dall’oggetto all’architettura.
Parliamo di Severini: su qualunque manuale gli è tributata la giusta importanza storica per aver “riattivato” il mosaico nel ‘900. Vero. Ma, capovolgendone il merito con un’affermazione un po’ eretica, l’operazione pratica di Severini, al di là dei propositi teorici, ha forse fatto più male che bene al mosaico, nel senso di averlo sì fatto tornare in auge, ma considerandolo in funzione pittorica, unicamente traspositiva, per così dire e non originale in sé, bloccandone per decenni l’evoluzione: tutto questo è esagerato? Cosa ne pensa?
L’aver associato il mosaico alla sola dimensione “bidimensionale” è stato il primo equivoco a cui si è aggiunta, ai primi del Novecento, la parentela con la tela (sottolineandone la bidimensionalità).
Queste limitazioni hanno ridotto di molto le potenzialità del mezzo, non solo per la limitazione relativa alla bidimensionalità rispetto alla tridimensionalità oggettuale e ambientale, ma anche per aver imposto all’artigiano esecutore (del quadro o disegno di artista) un “non progetto”, essendo il quadro dell’artista a cui doveva rifarsi un’opera nata non con la finalità di diventare mosaico.
Un po’, ma anche peggio, di ciò che è successo spesso con la ceramica, dove la decorazione del piatto era la riproduzione di un quadro di artista più o meno famoso.
Ugo La Pietra design, Big Sleep, realizzato da Akomena Spazio Mosaico, Ravenna, 1991
C’era una volta…Cenerentola, racconta Charles Perrault. Da pochi anni c’è un rinnovato interesse internazionale per la produzione musiva contemporanea, sia da parte di artisti giovani o già affermati, sia da parte di collezionisti di rilievo. Eppure, sembra sempre che quest’arte fatichi ad arrivare ai livelli raggiunti da pittura, scultura o architettura, non solo alla grande massa del potenziale pubblico, ma anche rispetto alle acquisizioni eventuali di musei pubblici o esposizioni come la Biennale o simili. Nel modo in cui viene considerato il mosaico, tuttora c’è come un odore vago di artigianato, per quanto di qualità, ma in quanto tale in fondo non nobile, una sorta di equivoco esistenziale… Cosa rende il mosaico artistico, una specie di Cenerentola delle Muse? Il mercato, i critici, i direttori di eventi e gallerie? La natura “paziente” della tecnica di quest’arte o l’atteggiamento degli stessi artisti mosaicisti?
È ancora troppo recente l’interesse da parte del mondo del design e dell’arte nei confronti della cultura del fare.
Da troppi anni (come ho avuto modo di scrivere in tanti articoli ed editoriali delle riviste Area, Abitare con Arte, Artigianato tra Arte e Design che ho diretto negli ultimi trent’anni) la cultura del progetto da una parte (design) e l’arte concettuale dall’altra hanno trascurato tutto il patrimonio (lavorazione di vetro, ceramica, alabastro, pietra, cristallo, mosaico, …) riferibile alla ricchezza della nostra cultura del fare.
Così, in ogni area dove per centinaia di anni si sono coltivate alcune arti (vedi il mosaico di Monreale, di Spilimbergo, di Ravenna e le ceramiche di Vietri sul Mare, Caltagirone, Faenza, Nove, Montelupo, … un elenco troppo lungo per essere citato in questa sede) negli ultimi sessanta anni si sono perse le frequentazioni del progetto con la cultura del fare.
Le esperienze di Gio Ponti con l’artigiano artista Fornasetti o con l’argentiere Sabbatini o con l’artigiano artista De Poli, che lavorava il rame smaltato, sono gli ultimi esempi (anni Cinquanta) che hanno illuminato le nostre arti applicate.
Poi la decadenza. Anche se oggi si stanno riscoprendo le arti applicate, dobbiamo constatare che di fatto stiamo parlando di un’area culturale e produttiva estremamente povera ed emarginata (mancano Istituzioni, Musei, Gallerie, mercato, quotazioni di artisti, strumenti di comunicazione ed informazione, oltre alla decadenza degli Istituti d’Arte).
Non è quindi solo il mosaico artistico la Cenerentola!
Tutte le tecniche artistiche, soprattutto quelle con una certa componente artigianale, nel migliore dei casi vengono oggi utilizzate (meglio sarebbe dire sfruttate) dal design e dall’arte, non facendo crescere il valore della struttura artigiana o dell’artigiano artista che rimane sempre nell’ombra.
Ma è anche vero che l’artigiano artista, troppo spesso geloso del proprio saper fare, non si apre alla collaborazione con il designer o architetto o artista.
E dunque cosa servirebbe per una riabilitazione, finalmente, del mosaico d’arte? Quale futuro?
Per la riabilitazione del mosaico come di tutto l’artigianato artistico ci vogliono purtroppo ancora troppe cose:
valorizzazione del genius loci (vale a dire della identità di un territorio e dei propri valori legati alla cultura del fare)
sviluppo di iniziative culturali (mostre, convegni, premi) in spazi istituzionali a livello nazionale e internazionale
sviluppo di iniziative commerciali: mostre, gallerie, inserimento in fiere e mercati
dare valore al ruolo dell’artista-artigiano evidenziando il suo nome in tutte quelle opere dove il progetto artistico o di arte applicata necessita della sue capacità manuali e tecniche
Ma soprattutto ciò che occorre è creare in ogni area di lavorazione un gruppo di persone (di qualità) capaci di sviluppare un’attività di promozione e valorizzazione in continuità.
Un po’ come quello che negli anni Cinquanta fecero alcuni architetti e designer (Zanuso, De Carli, Parisi) per il territorio di Cantù e per la valorizzazione del mobile d’arte.
Cosa pensa dell’eventualità di un museo dedicato al mosaico in Italia?
I Musei sono importanti! C’è museo e museo: basterebbe pensare che in Italia ci sono tanti musei per ogni area dove si coltiva la lavorazione della ceramica e anche questa arte (come il mosaico) non riesce a dare all’artigiano-artista un minimo di visibilità (non esistono come all’estero riviste di settore) e di mercato (rarissime gallerie che si occupano di ceramica contemporanea).
In questo senso penso che i musei siano importanti ma devono saper operare, e operare in un ampio raggio internazionale, come è possibile vedere e apprezzare nelle attività legate al craft europeo.
(Intervista da me realizzata e pubblicata sul terzo numero della rivista annuale Solo Mosaico 2010, Mosca 2010)
Ugo La Pietra – web site
Solo-Mosaico – official website
Ugo La Pietra design, Ladybird, realizzato da Antonio Brun e Sergio Moruzzi, Spilimbergo, 1994
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