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Archive for novembre 2022

Carla Lonzi (1931 – 1982)

“… perché l’unica cosa che dà beneficio al critico è questo fatto di intromissione, poterlo continuamente esercitare, mantenere fintanto che non diventa cosciente e lo fai più serenamente, ecco. Invece poi, l’inoltrarsi in una carriera, il prendere atteggiamenti di potere, questa è un’incrostazione sopra che non c’entra niente. Il critico, per questo bisogno di intromissione che ha, è il più disposto a fare delle iniziazioni o delle esperienze su delle cose altrui e questo andrebbe mantenuto perché, per me, è importantissimo che una parte della società, minima anche, si avvicini a degli artisti come la più disposta e la più interessata a seguirli. E gli artisti dovrebbero avere care queste persone che, in un certo senso, si prestano come a una cosa di cui hanno bisogno e che rappresentano un po’ anche il loro bisogno della società. Però, questo, andrebbe mantenuto allo stato puro, non andrebbe reso istituzione perché una volta che è reso istituzione, prende tutti i vizi propri delle istituzioni e delle ideologie. Il critico, invece di essere colui che è disponibile e ha bisogno, diventa colui che giudica e crea tutta una gerarchia. E in questa attività che lui finisce per svolgere, veramente si annulla la cosa iniziale da cui era partito, e diventa una persona completamente non autentica, non più autentica.”

Carla Lonzi, Autoritratto, Milano 2017, pp.40-41.

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Una riflessione

di Luca Maggio

Sento profondamente mie queste parole tratte da Autoritratto, capolavoro di Carla Lonzi (1931 – 1982), indimenticata figura di intellettuale e femminista, prematuramente scomparsa quarant’anni fa, pubblicate per la prima volta dall’editore De Donato di Bari nel 1969. Mi ritrovo nella loro integrità concettuale e esistenziale. Ho sempre cercato di mantenermi alla larga dalla inautenticità del critico di potere, lasciando a ben altre facce tale miseria, che alla fine, com’è inevitabile, influisce sulla persona, sul proprio lavoro, inquinando e compromettendo irreparabilmente ogni possibile meditazione. Al dunque, perché siamo attratti dal pensiero visivo che è la cosiddetta arte, perché ne scriviamo? Essenzialmente, mossi da curiosità, per capire (ciò che la Lonzi chiama “intromissione”). E espandere la propria altrimenti limitata visione. Per fare questo decentemente, i compromessi col potere non si possono accettare. Lo confermo: lascio ad altri tale miseria.

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Sabato 19 novembre 2022 alle ore 10 presso la Sala Muratori della Biblioteca Classense di Ravenna, con una lectio di Antonio Bandini sul tema “La peste e la guerra. Verso un nuovo ordine – o disordine – internazionale”, sarà ufficialmente inaugurato il nuovo Anno Accademico 2022/2023 dell’Università Giovanna Bosi Maramotti per la formazione permanente degli adulti.

Ricchissimo il programma dei corsi che spaziano dall’arte alla storia (locale e non), dalla letteratura alla filosofia, scienze, musica, stili di vita, lingue e culture straniere insieme a svariati laboratori.

Parteciperò anch’io con quattro lezioni scandite in quattro martedì dal 17 gennaio al 7 febbraio 2023 e mi occuperò di “Forme e Luce. Molteplicità e contraddizioni nell’Arte dal Novecento”, partendo in realtà dagli impressionisti e arrivando sino agli anni duemila. Le mie lezioni saranno accompagnate da commenti musicali, sempre importanti per definire il clima delle diverse epoche trattate e per condurre gli ascoltatori in un viaggio divertente e diverso alla scoperta di modi differenti e originali di vedere e ascoltare il mondo che li circonda, del quale l’essere umano è artefice-carnefice principale.

L’auspicio è che possiate essere numerosi a iscrivervi a qualunque percorso di vostro interesse. La qualità generale è assicurata!

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Enrico Minguzzi, Rosaspina, 2022, olio su resina epossidica su lino, cm 40x30x4

Dallo scorso 23 settembre, all’interno delle antiche sale dell’Ex Convento di San Francesco a Bagnacavallo, è stata aperta La piena dell’occhio di Enrico Minguzzi, curata da Saverio Verini.

L’esposizione, visitabile fino all’11 dicembre, offre uno spaccato della produzione artistica recente dell’artista: oltre quaranta tra dipinti e sculture, realizzati tra il 2021 e il 2022.

Enrico Minguzzi, Cuor di piuma, 2022, porcellana, cm 24x35x20

I dipinti di Minguzzi possono essere considerati dei ritratti di elementi tratti dal mondo minerale e vegetale: pietre, concrezioni, fiori ed erbe, tutti riconducibili a qualcosa di esistente in natura, ma in realtà unicamente frutto di una proiezione mentale dell’artista. Colti in una specie di stasi, i soggetti dei dipinti sembrano pulsare di una luce misteriosa e vibrante, andando oltre il canone della natura morta. Alla serie di dipinti, Minguzzi accosta un corpo di sculture inedite, quasi un’estensione alle sue figure pittoriche, come fossero una loro “traduzione” tridimensionale.

Info: museocivicobagnacavallo

Press Irene Guzman

Enrico Minguzzi, D’oro decoro, 2022, olio su resina epossidica su tela, cm 160x120x4

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La collettiva Camera Tripla a cura di Leonardo Regano, con opere di Marco Emmanuele, Luca Grechi e Mattia Sugamiele presso LABS Contemporary Art di Bologna, aperta lo scorso 23 settembre sarà visitabile ancora per pochi giorni, sino al 5 novembre. Il focus è sulle potenzialità espressive della pittura e delle eventuali declinazioni che questo mezzo assume nella pratica artistica delle nuove generazioni. 

Luca Grechi, Prima dell’interno, 2022, tecnica mista su tela, 190 x 150 cm, courtesy the artist 
Marco Emmanuele, ISO #69, 2022, polvere di vetro sabbia e colla di coniglio su tela, 24,5 x 18 cm, foto Maria Cucci
Mattia Sugamiele, Tifone, 2022, spray e olio su tela, 69 x 93 cm, courtesy the artist 

Marco Emmanuele (Catania, 1986) dopo aver compiuto studi di ingegneria e architettura, si avvicina alle arti visive con lo spirito di uno scienziato: i lavori in mostra sono gli esiti più recenti dalla serie ISO, con cui l’artista sperimenta la pittoricità di pigmenti fatti di pasta di vetro e colla. Luca Grechi (Grosseto, 1985) propone al centro della sua riflessione lo studio del mezzo pittorico, della specificità dei rapporti tra segni e velature di colore che ne contraddistinguono l’essenza. Infine, Mattia Sugamiele (Erice, 1984) ci accompagna in una dimensione fluida, in cui lo sguardo si perde nel labile confine del confronto tra pittura e tecnologia digitale. Il suo gesto, di fondo sempre riferito al pittorico, porta però al superamento della superficie bidimensionale del quadro mescolando video, immagini fotografiche, scultura e interventi installativi. 

Press Irene Guzman

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