Questo post, volutamente privo di immagini, è dedicato a Mina Welby e Beppino Englaro (e a sua moglie), coloro che con coraggio e dignità sono rimasti.
Perché le loro battaglie civili e pacifiche sono per tutti e la democrazia vince quando si possono aggiungere diritti, anziché negarli (discorso estendibile anche ad altri tabù nostrani, come le unioni civili fra coppie omosessuali). Di insulti personali, di strumentalizzazione e violenza religiosa, politica, giornalistica ne hanno subite e duramente: ma non sono stati capaci di fermarli.
Perché ritengo tutti i movimenti pro life, pro family day, pro accidenti loro, ipocriti e pronti non al silenzio, alla pietà, ma a giudicare, a condannare col dito puntato, a mettersi in cattedra e dichiarare (anche da parte di chi governa, per puro opportunismo) che la larva cui s’era ridotto il corpo di Eluana Englaro poteva benissimo generare. Cose bestiali. Quando politiche vere di assistenza pratica, economica e psicologica al malato terminale o degenerativo e alla sua famiglia non esistono o sono del tutto insufficienti: anzi proprio alla famiglia e spesso alle donne viene lasciato tutto questo carico.
Perché questo non è uno spot pro eutanasia obbligatoria per tutti, ci mancherebbe: sarebbe nazista affermare tale “pulizia” sociale. Riguarda solo i casi di malattia irreversibile e anche in tali circostanze, chiunque decida di sopportare la sofferenza e voglia essere curato, alimentato, tenuto in vita dalle macchine, può e deve farlo, deve essergli permesso di farlo sino all’ultimo soffio della sua vita. Ma chi viceversa non ritiene più vita tale stato di cose, pur avendo ricevuto e tentato ogni aiuto possibile, dovrebbe essere lasciato libero di scegliere, di andare, senza criminalizzare né lui né i suoi familiari. Se Papa Wojtyla fosse stato intubato dopo l’ultima crisi respiratoria, forse sarebbe sopravvissuto qualche giorno in più: preferì evitare un’agonia ancor più lenta. Poté farlo.
Anch’io in caso di male o coma incurabile vorrei mi fosse legalmente concesso di non proseguire in nessun accanimento terapeutico, incluse idratazione e alimentazione indotte.
Perché film come Mare dentro (2004) e Le invasioni barbariche (2003) mi avvicinarono al tema e mi aiutarono a capire, a riflettere.
Perché non accada più che un Monicelli o un semplice sconosciuto si lancino dal quinto piano di un ospedale per liberarsi: sono notizie, fatti che gelano il sangue.
Perché quando Piero Welby morì il 20 dicembre 2006 mi commossi.
Perché, da credente, provai rabbia una volta di più per l’indegna decisione vaticana di negare i funerali religiosi richiesti dalla vedova, credente, che per decenni aveva accudito solo con la forza di un amore infinito suo marito che inesorabilmente decadeva. Quale scena vedere le porte di San Giovanni Bosco chiuse, mentre solo dieci giorni prima, per la morte di Pinochet venivano spalancate quelle della cattedrale di Santiago del Cile, con l’incenso e l’organo a coprire il puzzo di sangue e le urla degli assassinati che uscivano da quella bara.
“Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i settantacinque anni ho deciso di pregare per la Chiesa. Guardo al futuro.” Carlo Maria Martini, da Conversazioni notturne a Gerusalemme (Milano, 2008)
Infine, perché Mina Welby l’ho incontrata un anno fa, nel dicembre 2009, a Ravenna, nella sala conferenze di un hotel del centro, dov’erano pochi i cittadini venuti ad ascoltare (del resto l’iniziativa non era organizzata né interessava il PD che qui regna sovrano: perché dunque pubblicizzarla?). Ricordo che prima del dibattito pubblico, sia io che lei eravamo rapiti dalle belle immagini appese alle pareti: del tutto casualmente era in corso una mostra fotografica sul delta del Po e sugli uccelli d’acqua dolce e una delle grandi passioni di Piero Welby era la pesca su fiume.
Ci conoscemmo così, parlando di quella passione che li univa, delle loro passeggiate, del sole sui loro volti, dei suoni della natura, di amore, di vita.
Il Calibano – il blog di Piero e Mina Welby
Associazione Luca Coscioni
Vieni via con me 1 ; Vieni via con me 2
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