Gesti paralleli, ingrandimenti
di Luca Maggio
“Tutto è segno e la realtà non esiste ma la creiamo interpretandola con la nostra mente.” C.S. Peirce
Enzo Tinarelli è artista dai parallelismi forti, non contraddittori, complementari.
Conosciuto per la sua attività di artista e insegnante in ambito musivo, nasce in realtà come pittore e talvolta i mosaici suoi principiano da bozzetti pittorici, con tutto ciò che di parallelo comportano i gesti di questi due modi affatto diversi di pensare-creare.
Era tempo che si dedicasse un’indagine a questo cammino fatto di carte, tele, pastelli grassi, acrilici e oli e biro, una vita dipinta: Contrappunti è il titolo della mostra passata dalla Fondazione Balestra di Longiano al Museo Guidi di Forte dei Marmi e ora giunta a Marina di Ravenna.
Enzo Tinarelli, Eventi frontali, 1988
Enzo Tinarelli, Senza titolo, 1993 (serie Piani di luce)
C’è nel fare di Tinarelli desiderio organico dell’altro che si esplicita nei doppi così presenti nelle cose sue sin dai potenti esordi in eco di Moreni per l’energia sprizzata, benché in assenza d’esiti pessimisti, o Sutherland, pur senza conoscere da subito quest’ultimo, anche se talune suggestioni microbiologiche paiono comuni: che si tratti di linee rette o curve o macchie, che siano senza titolo o si riferiscano alle prime Calettature mnemoniche, Crisalidi e Matrici anamorfiche, i paralleli sono il filo rosso in forma di particolari o di interi di ciò che spazia e occupa atmosfere sulle superfici trattate. Pluriformi filamenti paralleli dunque, ma non posti in ordine speculare o necessariamente centrali, piuttosto in apparenza sparsi e comunque in movimento, natanti, anzi danzanti: essendo vivi, i soggetti di Tinarelli non sanno né possono trovare quiete, anche se sono sull’orlo d’un addio (Un dernier tableau?).
Enzo Tinarelli, Un dernier tableau? n. 2, 1992 (serie Piani di luce)
Enzo Tinarelli, Genetico, 1997 (serie Attraversamenti, genetica aurea)
E significano Attraversamenti anzitutto di se stessi, in cui tornano eliche e incroci pastosi, erroneamente detti svastiche, segni luminosi però presso culture antiche e segni di soli carsici dentro i nostri dna, sorta di luce interiore della vita, che ricompaiono nell’alfabeto del faber, come voleva il vecchio maestro Licata.
Perché non ingrandire, dunque, tali frammenti genetici e far vedere a occhio umano le Piste ossessive e parallele degli universi subcellulari di cui pure è fatto, fibra per fibra, ciò che, a base di carbonio, respira e muove e muore e si trasforma in energia altra, humus novo; e offrire poi tali percorsi all’occhio, intuizione o astuzia, in cromie inafferrabili anche quando sembra prevalerne una su altre, poiché liquide come una musica (Lee Morgan, Search for the New Land), perché come sempre la vita non si ferma, non si può com-prendere, non se ne possono percorrere tutte le vie, si mescola, diviene.
Enzo Tinarelli, Senza titolo, 2010 (serie Proximité)
Enzo Tinarelli, Senza titolo, 2010 (serie Proximité)
Ed ecco la metafora/parallelo finale e iniziale, che curvandosi prende forma d’uroboro: il corrispondere dei percorsi interni, cellulari, tracciati dalla biologia che, ignorati, agiscono in noi anche nel sonno consentendo di vivere, con i percorsi, le pieghe, le tracce che ognuno sceglie e lascia nel tempo, nulla sapendo del futuro che è incertezza, pur illudendosi di controllare il quotidiano, e talvolta (o sempre) comportandosi secondo l’indeterminatezza insondabile d’Heisenberg.
Del resto, cambia un cromosoma e muta il genere o le possibilità dell’intelligenza o della malattia. Cambia una decisione e il cammino su cui eravamo diventa altro, un altro amore, un altro lavoro, altre tempeste e approdi lungo le coste d’Odisseo, a scoprire conoscenza e coscienza, vinti dall’essere esseri più umani che si possa o soccombenti all’istinto che abita feroce in noi e ci vuole lupi del simile: “Nominerò le cose, tanto lentamente/ che allorché perderò il Paradiso della strada/ e l’oblio me la trasformerà in sogno,/ potrò chiamarle d’improvviso con l’alba.” (Cintio Vitier)
www.enzotinarelli.com
Enzo Tinarelli, Senza titolo, 2015
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