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Posts Tagged ‘associazione mirada’

cicatrici0La migliore e più sintetica definizione di Gianluca Costantini è quella data nel suo stesso blog channeldraw.blogspot.it ovvero artista/attivista: lui è uno veramente impegnato, uno che crede nelle battaglie per i diritti umani e le porta avanti sino in fondo, ed è un uomo generoso e un vero artista del tratto, nel senso che il suo segno lo riconosci per finezza, eleganza curvilinea verrebbe da dire orientale, calligrafia forse presa anche dalla sua amata e da sempre frequentata Istanbul, chissà.

Insomma è un creativo autentico di cui amo il lavoro e rispetto la coscienza civica, ripeto, vera, vissuta in prima persona, nulla mai retorica (tra gli altri se ne sono accorti anche l’Internazionale e Pagina 99), uno dei tanti piccoli fari rispetto al nostro tempo controriformato, cosa di cui non si ha abbastanza consapevolezza e non mi riferisco tanto alla morale religiosa, ma cosa ancor più grave alla cosiddetta società laica, politicamente corretta e ipocritamente perfetta: lavorando in campo educativo so di cosa parlo. C’è una volontà di omologare, imbrigliare tutto e tutti dentro certe regole sin dall’infanzia, anche se ufficialmente si è tutti per l’inclusione, la diversità e l’espansione delle intelligenze. Sono tempi tristi, terribilmente conformisti quelli attuali. E gli artisti/attivisti come Costantini aiutano ad alzare il velo sulle cose, ad andare verso la direzione opposta alla parete della caverna sulla quale si vedono solo le ombre della realtà. Il bello è che lui lo fa declinando una vasta gamma di sentimenti umani, dall’ironia alla vergogna alla rabbia alla pietà alla dolcezza, con poche tracce di nero (talvolta rosso) su bianco. E con poesia, sempre.

A proposito, uno dei suoi ultimi lavori editi da NdA Press riguarda proprio un’antologia di ritratti di poesia in lotta, come si legge in copertina. È un lavoro stupendo nella sua levità pensante (e non pesante) che consiglio a chiunque per iniziare in modo differente il 2017, ovvero con pensieri folgoranti, illuminazioni direbbe Rimbaud, in cui le parole completano l’immagine e trovano a loro volta sostanza nel tratto dei volti. Poesia, appunto. E coscienza. Eccone una breve galleria.

Ps. Prima di dare doverosamente spazio alle immagini, desidero ringraziare ancora una volta Gianluca Costantini e la sua compagna Elettra Stamboulis  in quanto fondatori di Mirada, l’associazione culturale che in tanti anni di attività faticosa e vissuta con passione ha aperto possibilità fattive di incontro, dialogo, mostre con artisti affermati e giovani sconosciuti (basti citare, fra le mille attività svolte, Komikazen e R.A.M.).

Ora Mirada prosegue i suoi obiettivi solo non più a Ravenna, visto che l’amministrazione cittadina ha deciso di rinunciare anche a questa preziosa e fruttuosa collaborazione, nel clima di generale decadenza culturale che proprio negli ultimi anni è sempre più evidente.

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Benjamin Murphy, Earthly Powers

Benjamin Murphy, Earthly Powers

È ancora aperta sino al 30 maggio presso la Galleria Mirada di Ravenna la personale del giovane e talentuoso artista britannico Benjamin Murphy Deaths and Entrances – Morti e Ingressi, curata con la consueta dovizia e originalità da Antonella Perazza.

Sono pertanto lieto di ospitarne il testo critico, rinnovando i complimenti a lei, all’artista e alla Galleria Mirada. 

Benjamin Murphy, Futility

Benjamin Murphy, Futility

Benjamin Murphy – Deaths and Entrances

di Antonella Perazza

Il mondo che conosci attraverso i sensi, in particolare i tuoi occhi, è a colori. La tua esperienza visiva di tutti i giorni è filtrata attraverso lo spettro della luce, ma Benjamin ti vuole accompagnare in un posto altro, lontano da qui. Ed è così lontano e diverso dalla normale percezione, da essere in bianco e nero. Lo spazio della Galleria Mirada, che hai avuto modo di guardare in altre occasioni, è conquistato e rivoluzionato dall’artista, venato di scotch isolante dal segno lirico e persuasivo per renderlo intimo, empatico. La tua capacità di memorizzare gli spazi è stata annullata.

Se hai creduto di riconoscerti in uno dei suoi ritratti, non è un abbaglio o un’allucinazione. I volti dei suoi personaggi sono basati sulle foto che la gente gli spedisce, e questa familiarità è importante, ti introduce nel suo immaginario. Non preoccuparti però se gli occhi sono bianchi e senza pupille, è solo un modo per tagliare i ponti con la realtà. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e senza questo specchio, sarai obbligato a non farti ingannare dal tuo stesso riflesso e dovrai gettare le tue emozioni dentro il quadro.

Benjamin Murphy, Skull Hugger

Benjamin Murphy, Skull Hugger

Nei frames intravedi l’interno di una stanza, alcuni mobili o altri oggetti ma non lasciarti distrarre: è sul personaggio che devi concentrarti. Di solito è una donna, idea perfetta nella carne della vita, ed è nuda perché tu non possa distrarti pensandola vestita con gli abiti di un’epoca in particolare. Il tempo si è fermato, fermati anche tu.

Ma questo è solo l’inizio di Deaths and Entrances, perché qui nulla finisce. Benjamin Murphy vuole mostrarti un racconto che tu stesso puoi continuare a costruire stanotte, rientrando a casa e prendendo in mano la raccolta di poesie di Dylan Thomas. C’è un’affinità particolare, infatti, tra il poeta e l’artista che non si limita alla loro provenienza. Dice Thomas a proposito dei defunti:

benché impazziscano saranno sani di mente,

benché sprofondino in mare risaliranno a galla,

benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo

E la morte non avrà più dominio.

Amore, fragilità e innocenza, oscenità e bellezza, vizio, caos e vanità. Strumenti di tortura, armi, chiavi, ossa, uccelli intagliati minuziosamente in pezzetti di nastro adesivo. Nelle sue opere anche la vita e la morte convivono in pace senza antagonismi e in un dolce abbandono, manifestazioni differenti della stessa forza universale. Silenziose, come entrate e uscite di scena.

www.mirada.it

www.benjaminmurphy.info

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

Benjamin Murphy, Deaths and Entrances, Galleria Mirada, Ravenna maggio 2015

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Pubblico due immagini dell’autore Gianluca Costantini apparse sia in rete sia sul settimanale Ravenna & Dintorni (giovedì 8 gennaio 2015 n.611 p.7) sulla strage di Charlie Hebdo.

http://www.gianlucacostantini.com
http://www.politicalcomics.info  | http://untitled.org.uk
https://www.facebook.com/gianlucacostantini.drawing
http://www.twitter.com/channeldraw
http://pinterest.com/drawingworld

Gianluca Costantini, 2015

Gianluca Costantini, 2015

Gianluca Costantini, 2015

Gianluca Costantini, 2015

Infine il link con le opere dei ragazzi dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna (Giulia Bevilacqua, Sara Bombonati, Beatrice Celli, Alessandra Falcinelli, Andrea Fiori, Isotta Folli, Pilar Garcia, Andrea Gonzalez, Emanuele Matronola, Laura Mitaritonda, Giulia Rambelli, Francesca Saitta, Sofia Signani, Daniele Tamburro, Eleonora Trota, Martina Zani) che, coordinati dal loro docente di Applicazioni digitali per le arti visive Gianluca Costantini, hanno aggiunto la scritta Je suis Charlie ad alcuni loro lavori precedenti, un’azione semplice perché non si deve e non si vuole restare in silenzio:

Je suis Charlie – l’Accademia di Belle Arti di Ravenna a sostegno di Charlie Hebdo

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SeaCreative, VisionePeriferica 2013, Mosciano Sant'Angelo (TE)

SeaCreative, VisionePeriferica 2013, Mosciano Sant’Angelo (TE)

Antonella Perazza (Giulianova, TE, 1981): ho avuto il piacere di conoscerti un anno fa quando abbiamo curato il Premio Tesi 2013 in collaborazione con Maria Rita Bentini per conto dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna e prima ancora per la vincita di RAM 2013, sempre come curatori. In entrambi i casi si trattava di opere e mostre inerenti il mosaico, ma so che tu vieni dalla Street Art. A questo proposito ti chiedo: come ci sei arrivata e cosa te ne ha fatto innamorare?

La Street Art è così: quando fa centro c’è poco da fare, non smetti più di scovarla tra le strade. Basta alzare gli occhi o semplicemente non abbassare mai lo sguardo per rendersi conto che non si è mai soli. Immagini, scritte, poster, sticker, bombardano di messaggi intere città ma anche le periferie.

Ma fare centro non è sempre così immediato. O almeno per me non lo è stato. Quando qualche anno fa giravo per Berlino, le immagini di Blu impresse sui palazzi mi incuriosivano e insospettivano nello stesso tempo. Poi ho iniziato a documentarmi. Ho comprato libri, ho girato per il web alla ricerca di artisti che non conoscevo. Nel giro di qualche anno anche il mio compagno ha iniziato a fare lavori di questo tipo ed è stato il modo più veloce per catapultarmi dentro quel mondo senza nessuna possibilità di uscirne. I lavori degli artisti mi appassionavano e potevo rimanere delle ore seduta sull’asfalto a vedere i loro work in progress.

Mp5, VisionePeriferica 2014, Mosciano Sant'Angelo (TE)

Mp5, VisionePeriferica 2014, Mosciano Sant’Angelo (TE)

Negli ultimi anni non mi bastava più osservare passivamente ma sentivo la necessità di vivere in prima persona questa realtà e il modo più attivo per farlo, non essendo un’artista, era organizzare un festival. Ho girato l’Italia per conoscere gli artisti e più li conoscevo e più mi convincevo che le immagini che scaturivano dalle loro opere erano totalizzanti, rappresentavano l’estetica della rivolta, la poesia di chi odia l’inganno e le false ideologie. Le sensazioni che percepivo erano talmente complesse che a un certo punto ho pensato: “Beh, ma in Abruzzo? Non è possibile che in pochi conoscano questo linguaggio artistico”. E allora ho provato a unirmi con persone che più o meno avevano un interesse comune al mio e siamo riusciti, con budget limitatissimi, a mettere su un’associazione, DimensioniBastarde, e un primo festival, in collaborazione con la ProLoco locale. Oggi il mio interesse per la Street Art è totale. Ho addirittura un gatto che si chiama Sea (come SeaCreative) e aspetto di averne un altro che chiamerò Opi (da Opiemme). A ogni chiusura di festival la mancanza di questi artisti è tale da doverla riempire con degli animali. A 40 anni avrò una fattoria!

Gio Pistone, Avere Fame, tecnica mista su carta, 2014

Gio Pistone, Avere Fame, tecnica mista su carta, 2014

Dunque in questo ambito, a dire il vero fertilissimo di nuovi talenti, sei attivissima: hai curato diverse cose tra cui, lo citavi prima, un vero e proprio festival in Abruzzo, sino alla personale Is Animas di Gio Pistone proprio il mese scorso presso la galleria Mirada di Ravenna: come hai conosciuto questa artista e come è nata e si è sviluppata la vostra collaborazione?

Sì, esatto, come ti dicevo, il festival Visione Periferica è stato un po’ il nostro primo grande progetto ed effettivamente è una cosa che mi sta veramente a cuore. Ed è stato anche il motivo per cui ho conosciuto Gio. L’ho contattata lo scorso anno per chiederle di parteciparvi, ma lei era già impegnata in un altro progetto. Quest’anno ci ho riprovato e la cosa è andata in porto due volte. Prima è stata ospite del festival abruzzese, regalando al paese un bellissimo murales con un cavaliere-astronomo in atto di domare un cavallo. Poi abbiamo lavorato per alcuni mesi alla mostra che ho curato da Mirada, Is Animas. La cosa interessante è che per quanto possa essere diverso l’impatto fra una parete grande e un foglio di carta, l’emozione regalata è la stessa. I suoi disegni mi hanno innescato una serie di ricordi, scavando nelle mie emozioni più profonde, e ne è venuta fuori una bella collaborazione. Ho un’ammirazione fortissima per Gio e per tutte le StreetArtist donne che molto spesso passano in secondo piano ma che meriterebbero molta più attenzione. Per esempio quando parlo di Gio o presento la sua mostra, molti credono che sia un uomo. La StreetArt è anche al femminile e le nostre ragazze sono tra le migliori. È bello che questo si sappia.

VisionePeriferica 2014, work in progress di Gio Pistone e Alleg (a sinistra), Giulio Vesprini (a destra)

VisionePeriferica 2014, work in progress di Gio Pistone e Alleg (a sinistra), Giulio Vesprini (a destra) 

La mostra di Gio Pistone è inserita all’interno di Subsidenze – Street Art Festival ravennate del settembre 2014, che alla fine lascerà diversi lavori murali in città: puoi parlarne? Pensi sia un esempio esportabile?

Sì, penso che lo sia, anche se in realtà noi non abbiamo inventato nulla. In Italia ogni anno c’è un proliferare di festival di cui esempi lampanti sono quelli di Memorie Urbane e Frontier, che hanno regalato una visibilità fortissima ai loro territori.

Subsidenze, il festival organizzato con l’Associazione Indastria, è nato principalmente per la nostra passione comune verso i murales. Io amo definire affettuosamente il nostro presidente, Marco Miccoli, “lo stalker degli streets”. Qualsiasi informazioni su questi artisti è reperibile contattandolo.

Lo abbiamo conosciuto, in effetti, proprio per questo motivo e ci siamo trovati diverse volte a parlare di festival e artisti. A un certo punto eravamo diventati talmente ripetitivi che ci è venuto in mente di concretizzare qualcosa a Ravenna, mettendo a disposizione della città le nostre conoscenze in questo settore. L’assessora Valentina Morigi e le Politiche Giovanili hanno subito appoggiato l’idea del primo festival di Street Art a Ravenna. D’altronde già l’ex dirigente Raffaella Sutter aveva spinto per portare avanti un discorso di riqualificazione urbana attraverso l’arte.

Dopo mesi di riunioni e centinaia di e-mail ce l’abbiamo fatta e a settembre è partita la prima edizione di Subsidenze. Dico la prima perché credo realmente che ce ne saranno molte altre, rinnovate nella formula per non correre il rischio di cadere in festival fotocopia. Noi ce la mettiamo tutta. Ma come ti dicevo prima con la Street Art si corre sempre il rischio di cadere nelle polemiche, anche se fortunatamente sono più gli apprezzamenti. 

DissensoCognitivo, Subsidenze 2014, Ravenna

DissensoCognitivo, Subsidenze 2014, Ravenna

Infine, tuoi progetti futuri?

Tanti, troppi. Mille idee che mi frullano per la testa e che spero si realizzino. Sicuramente punteremo a una terza edizione di VisioniPeriferiche, allargando i confini fuori da Mosciano Sant’Angelo, il paese dove sono cresciuta e dove si sono tenute le edizioni precedenti. A Ravenna stiamo già lavorando per la seconda edizione di Subsidenze che sarà molto ricca di eventi collaterali.

Per quanto riguarda il mio percorso individuale, invece, proseguirò la collaborazione con Mirada curando una serie di mostre legate alla Street Art.

Ho anche due progetti a Bologna ma fin quando non si concretizzano preferisco non parlarne…

Spero anche di continuare con qualche supplenza di storia dell’arte a scuola (con questa classe di concorso è sempre un terno a lotto essere chiamati), portando le mie esperienze anche tra i giovanissimi che meritano un assaggio di contemporaneità. Mi piace pensare che proprio a partire dai più giovani sia importante sviluppare un senso critico che non li limiti a giudicare senza capire. E la Street Art merita di essere portata anche nelle scuole. Chissà se facendo così tra qualche decennio non saremo bombardati di immagini ovunque, come auspica Banksy: “Immagina una città dove i graffiti non siano illegali, una città dove ognuno possa disegnare ovunque gli piaccia. Dove ogni strada sia inondata da milioni di colori e piccole frasi. Dove stare alla fermata dell’autobus non sia mai noioso. Una città che sembri un essere vivente, una cosa che appartenga a tutti, non solo agli agenti immobiliari e ai magnati della finanza. Immagina una città come quella e smetti di appoggiarti contro il muro – è fresco di vernice.”

Zedone, Subsidenze 2014, Ravenna

Zedone, Subsidenze 2014, Ravenna

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Premessa: dall’8 al 22 settembre presso il MAR sarà aperta con ingresso gratuito la mostra “R.A.M. 2013 – giovani artisti a Ravenna”“R.A.M. 2013 – giovani artisti a Ravenna” a cura di Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini – Associazione Mirada, quest’anno dedicata al tema nomade del “Trasumanar e organizzar”.

In esposizione le opere di Alessandro Camorani (fotografia), Naghmeh Farahvash (mosaico), Maria Ghetti (installazione), Fabiana Guerrini (scultura), Samantha Holmes (mosaico), Giovanni Lanzoni (pittura) e Stefano Pezzi (fotografia), coi testi critici rispettivamente di Linda Chiaramonte, Antonella Perazza, Elettra Stamboulis, Sabina Ghinassi, Luca Maggio, Massimiliano Fabbri e Maria Rita Bentini.

Di seguito la mia presentazione in catalogo (Giuda edizioni) dell’opera Home di Samantha Holmes.

Associazione Mirada – R.A.M. 2013

R.A.M. 2013 – foto allestimento di Stefano Pezzi

MAR – Mostra R.A.M. 2013 – Trasumanar e organizzar

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Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm

Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm

Home

di Luca Maggio

“Di solito si dice che bisogna avere radici. Ma io son convinto che le uniche creature che le radici ce l’hanno, gli alberi, preferirebbero tanto farne a meno: così potrebbero anche loro prendere il volo con l’aeroplano.” Bertolt Brecht, Dialoghi di profughi

Vista dall’alto una città coi suoi bagliori somiglia a una sequenza musiva coi suoi accenti d’oro e rimandi di luce necessari all’occhio per ordinare la frammentarietà apparente dell’insieme proprio attraverso quegli elementi-tessera che, distinguendosi, marcano le differenze coi loro analoghi dando senso e continuità all’altrimenti indistinto.

Poiché quest’operazione di interpretazione coinvolge direttamente lo spettatore, è a te che mi rivolgo, tu che leggi. Dunque riduci lo sguardo su un quartiere di quella mappa, anzi su una singola abitazione, isolata. Va’ oltre, concentrati sui muri, sui mattoni.

È così che nasce Home: trasferire su carta una sezione di muro d’una vecchia casa ravennate, portarla a New York, svuotarla delle tessere-mattoni e rispedirla in Italia affinché sia sotto il tuo occhio, ora, qui.

Samantha Holmes, l’autrice, ti sta dicendo di riflettere sull’identità: delle cose, di te stesso.

È da tempo che lei lo fa, spesso usando la carta[1], quel biancore cui gli uomini affidano parte del loro mistero perché si tramandi: avvertendo la propria finitudine di fenomeno che passa come e più del circostante, è a lei, alla carta, che essi consegnano i rigurgiti della propria memoria.

Ma qui nulla è scritto e tutto è da guardare. Dunque gira attorno alle quattro mura e annota cosa vedi: assenza e sospensione.

Prosegue Samantha nel suo riflettere sullo svuotamento delle cose[2], meglio percepibile se attorno è aria, se il manufatto è calato dall’alto e non tocca terra[3] come un interrogativo che s’apre a dubbi ulteriori fluttuando all’altezza del tuo sguardo, coi suoi nei tuoi occhi: è fatto di vento, anche, alito del mondo, che Carver sente “soffiare lieve in faccia e nelle orecchie/ (…) più delicato, pare,/ delle dita di una donna”[4], e dentro entra e ramifica impalpabile, lui senza radici, nella tua mente. E cosa vedi?

Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm

Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm

Sequenze vuote di mattoni, malta-carta di contorno a sostenere una struttura altrimenti evanescente, una casa che è l’opposto della solidità che questo nome evoca. Eppure.

Non t’inganni la forma: non è lezione d’architettura. Va’ piuttosto al ritaglio: esso è dettagliato, ogni segmento diverso perché tutti vengono da mattoni reali e mai eguali, frammenti di realtà seguiti nella loro autentica imperfezione, benché composti nello stereotipo, il disegno della casa degli schizzi d’infanzia, qui però fluttuante e aperto, valenza metaforica dell’io, perché come ricorda Montaigne negli Essais “io non posso fermare il mio soggetto. Esso va ondeggiante e tremolante, per una naturale ebbrezza. (…) Non dipingo l’essere: descrivo il passaggio.”[5]

Essere e passaggio qui coincidenti. Perché l’io-casa è mutevole, è tenda nomade, è della famiglia dei paradossi moderni come il silenzio-musica di Cage. E attraverso il tutto aperto che questa casa è, chi vedi?

L’altro, te stesso. Perché questo è il punto: l’uomo è straniero errante (colui che vaga, colui che sbaglia) sulla terra, ospite di un mondo altro da sé che egli abita ma non deve forzare, pena l’odierno scempio cementifero[6] e l’orrore “onnipolitano” di cui profetizza Paul Virilio.[7]

Dai Veda ai Salmi veterotestamentari ai Canti dei nativi d’America, altri e più antichi uomini ricordano la nostra natura di forestieri non già padroni del suolo che pretendiamo di sfruttare senza ritegno, il cui unico proprietario è semmai la divinità: “Nessuna terra sarà alienata irrevocabilmente, perché la terra è mia e voi siete presso di me come stranieri e inquilini.”[8]

Vacuo credersi possessori d’alcunché, a parte gli affetti, i ricordi, il proprio tempo, in una casa così aperta che neanche le pareti sono fra esse legate, eppure parti indissolubili, corrispondenti, dello stesso edificio, fatto di andamenti di mattoni-tessera differenti quanti e quali sono i momenti di una vita, delle vite che s’incontrano per costruire la propria, e invisibili poiché nell’assenza si ritrova l’essenza: nel deserto del mondo estraneo alla pelle dell’uomo “nessuno si può chiudere in se stesso: l’umanità dell’uomo, la soggettività, è responsabilità per gli altri, estrema vulnerabilità.”[9]

La casa, lo vedi, se non vola, è comunque sospesa, non per dare un’idea irraggiungibile di sé (di te), giacché la Laputa di Swift è tanto dotta quanto inutile[10] e la Bersabea calviniana delle Città invisibili[11] capovolge ciò che vorrebbe essere, quella Gerusalemme celeste che, avverte Agostino, non da manichei si raggiunge, ma equilibrando anima e corpo.[12]

E il tuo corpo, i tuoi occhi sono la chiave dell’esperienza, per Levinas “delegati dell’Essere”[13] che è qualcosa di estremamente concreto: è la tua storia di umano che qui si offre nuda, davanti all’immagine reale di mattoni assenti di una casa priva di distrazioni cromatiche quale quesito e specchio di ciò che di più puro e buio alberga in te.

Puoi comprendere e accettare o dissipare: che l’uomo si avvicini all’uomo, questa la lunga speranza.

Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm

Samantha Holmes, Home, 2013, carta, 107 x 80 x 121 cm


[1] S. Holmes, Unspoken 10.22.10 – 07.07.11, 2011 (Premio G.A.E.M., Ravenna, 2011)

[2] S. Holmes, Absence (Moscow), 2012 (Ti desidero, Musivum Gallery, Mosca, 2012). Un’eco possibile di questo tipo di ricerca giocata sulla scomparsa e l’epifania di tracce musive si può ravvisare nella serie Vestigia di Felice Nittolo (anni 2000).

[3] S. Holmes, Devotion, 2012 e Novena, 2012 (Ti desidero, Musivum Gallery, Mosca, 2012).

[4] R. Carver, da Vento, in Orientarsi con le stelle, Roma, 2013, p. 279.

[5] M. de Montaigne, Saggi, Vol. III, Libro III, cap. II, Milano, 1996, p. 1067.

[6] Oggi “non è sostanzialmente possibile in Italia tracciare un cerchio di 10 km di diametro senza intercettare un nucleo urbano, con tutto ciò che ne consegue in ragione della diffusione dei disturbi a carico della biodiversità…”, B. Romano, Una proliferazione urbana senza fine, in AA.VV., Terra rubata. Viaggio nell’Italia che scompare. Le analisi e le proposte di FAI e WWF sul consumo del suolo, dossier del 31 gennaio 2012, p. 9; si veda inoltre A. Garibaldi, A. Massari, M. Preve, G. Salvaggiulo, F. Sansa, La colata. Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuro, Milano, 2010.

[7] “In questo inizio di terzo millennio, l’ultimo sinecismo non è più tanto geofisico quanto, piuttosto, “metageofisico”, dato che al raggruppamento di un popolamento agrario succede la concentrazione ONNIPOLITANA di queste città visibili, in via di metropolizzazione avanzata per formare domani l’ultima città: l’ONNIPOLIS; città fantasma, quest’ultima, METACITTÀ senza limiti e senza leggi, capitale delle capitali di un mondo spettrale, ma che si pretende tuttavia AXIS MUNDI – in altre parole, l’omnicentro di nessun luogo.”, P. Virilio, Città panico, Milano, 2004, p. 74.

[8] Levitico, 25, 23.

[9] E. Levinas, Senza identità (1970), in Umanesimo dell’altro uomo, Genova, 1998, p. 150.

[10] J. Swift, I viaggi di Gulliver, Parte terza, Cap. I-IV, Roma, 1995, pp. 141-158.

[11] I. Calvino, Le città e il cielo. 2., in Le città invisibili, Milano, 2002, pp. 111-112.

[12] “Chi esalta l’anima come bene supremo, e condanna il corpo come cosa malvagia, abbraccia e accarezza l’anima in maniera carnale e fugge carnalmente la carne, perché non si attiene alla verità divina, ma alla vanità umana.”, Sant’Agostino, La città di Dio, XIV, 5, Torino, 1999.

[13] E. Levinas, Il significato e il senso (1964), in op. cit., Genova, 1998, p. 47.

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